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RELAZIONI SOCIALI E ANSIA

4/3/2014

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Sempre più spesso ascoltiamo storie simili a questa: Marco ha timore di relazionarsi con altre persone poiché teme di essere giudicato e dal suo punto di vista il giudizio non può che non essere negativo.

Questo sentimento di inadeguatezza si amplifica quando deve relazionarsi ad una donna. Percepisce sentimenti di inferiorità ed è convinto di fare brutte figure. In più occasioni ha provato ad applicare diverse strategie per superare la sua ansia ed imbarazzo senza ottenere risultati apprezzabili. Ora Marco ha 35 anni e non ha mai avuto una relazione significativa con una donna. Ogni giorno "sogna" di essere in grado di rapportarsi con le altre persone come fanno i suoi coetanei, ma non ci riesce. Il timore di non sapere cosa dire  o di rispondere nel modo sbagliato, lo ha portato a rinchiudersi in se stesso e a limitare del tutto i suoi rapporti sociali.

Probabilmente è da escludere una causa unica e globale che ha portato Marco alla compromissione delle sue capacità relazionali. E' più probabile infatti ipotizzare una serie di concause che nel corso del tempo hanno determinato questo particolare assetto comportamentale.  

Ad esempio, se la buona regola "pensa prima di parlare" diventa un processo di controllo troppo rigido può causare una sorta di blocco relazionale. Marco infatti trascorre molto tempo nel pensare ciò che deve dire o cosa deve fare. E ciò produce sostanzialmente due agiti: da una parte Marco non trova mai nulla di appropriato o di abbastanza intelligente da dire - per cui cade nell'immobilismo -, dall'altra Marco ha sviluppato una sorta di difesa per cui il suo pensare attivo diviene un muro dietro il quale ritirarsi quando è soffocato da un sentimento di ansia sociale.

Un basso livello di sopportazione nei confronti della frustrazione può amplificare il vissuto negativo e bloccare possibili azioni future. Magari esperienze negative vissute nel passato hanno messo in crisi l'autostima di Marco.. e qui si potrebbero fare migliaia di esempi.



 Così l'unica soluzione che si prospetta agli occhi di Marco è quella di osservare il comportamento altrui od immaginare un modello ideale di persona a cui ispirarsi nelle situazioni di vita quotidiana.


Ma cosa succede a questo punto?  Nella ricerca di un modello ideale da seguire la persona perde il proprio senso di identità soggettiva. Come suggerisce il buon senso, seguire un modello preconfezionato porta alla scomparsa di spontaneità e alla stereotipizzazione delle reazioni,  diventando goffi e artefatti. Da qui all'innescarsi di un circolo vizioso è un passo breve. Se infatti -come è molto probabile data la natura dei pensieri che affliggono Marco- la persona è particolarmente sensibile e ha buoni livelli di autoanalisi, comincerà a rendersi conto che la soluzione adottata è in realtà una nuova fonte problematica e che la capacità di relazionarsi agli altri è sempre più compromessa. Non dovrebbe stupire se a questo punto Marco decida, coscientemente o inconsciamente, di passare alla soluzione definitiva, cioè interrompere qualsiasi contatto con luoghi e situazioni in grado di generare ansia e imbarazzo.  

Non è quindi da escludere la nascita di pensieri paranoidi volti ad amplificare il sentimento vissuto, bloccando qualsiasi proposito futuro.  Risulta evidente che una persona afflitta da questi conflitti interiori possa lasciare spazio a sentimenti negativi, dalla tristezza a forme più gravi di depressione.

E' questo lo stadio in cui, spesso, entra in gioco lo psicologo. Ma cosa si può fare in questi casi? 

La risposta non è semplice. Innanzitutto è di fondamentale importanza realizzare un effetto paradossale del pensiero umano: tanto più non si vuole pensare a qualcosa, tanto più si penserà a quel qualcosa. Se vi chiedessi di non pensare assolutamente ad un elefante in tutù rosa molto probabilmente otterrei un effetto opposto e contrario a quanto chiesto... Allo stesso modo una persona che si sforzerà a tutti i costi di non sembrare artefatto, alla fine apparirà completamente artefatto.

Un primo consiglio universalmente utile potrebbe essere quello di "interrompere il controllo volontario" del proprio comportamento. Ciò all'inizio potrà far sentire la persona spaesata ma ne guadagnerà in spontaneità. Accettare la propria condizione di disagio e condividerla con una persona di fiducia è un ulteriore passo avanti verso la serenità. Ammettere le proprie debolezze può essere un atto di forza e soprattutto serve a togliersi grossi pesi dalla coscienza. Quante volte è capitato di sentirsi angosciati da una particolare situazione e dopo averla confidata a qualcuno o averla scritta da qualche parte ci si sente più leggeri e sereni? Un altro suggerimento è questo: provate ad anticipare quanto di peggio vi possa capitare. Questa tecnica ha una duplice funzione: da una parte riduce le aspettative per cui se una situazione alla fine si rivela essere realmente negativa ci sarà meno discrepanza tra risultato atteso e risultato ottenuto (quindi meno frustrazione e sentimento d'inadeguatezza), dall'altra serve a fare un'analisi critica e ragionata degli eventi. Anche se si dovesse presentare lo scenario peggiore prospettato, cosa potrebbe accadere? Molto spesso a questo punto si realizza che le conseguenze peggiori preventivate possono essere più innocue di quanto ipotizzato. Che non esistono situazioni definitive ma solo parziali. Ad esempio il rifiuto da parte di un'altra persona potrebbe indicare una mancanza di sensibilità in quest'ultima e così via..

Un'arma molto efficacie nella gestione dell'ansia è costituita da quelle che vengono definite tecniche di rilassamento e di consapevolezza. Queste tecniche, oltre al rilassamento fisico, divengono un utile strumento nella gestione dell'ansia e dei pensieri negativi. Imparando a controllare a monte il manifestarsi di determinate reazioni si avranno maggiori possibilità di non mettere in atto comportamenti inopportuni a valle.

In questo articolo non si vuole insinuare che ciò sia facile o immediato. I comportamenti manifesti emergono da agiti e vissuti che si son cristallizzati in anni di condizionamento e perciò richiedono tempo per decristallizarsi. Sicuramente una buona dose di motivazione è necessaria per affrontare con successo le preoccupazioni quotidiane. 

In questo, lo psicologo può essere d'aiuto nell’accompagnare e sostenere la persona sofferente verso uno sbocco aiutandola a sperimentare nuovi vissuti nell’interazione con l’altro e permettendo di entrare in relazione, finalmente, in modo spontaneo.


Per cui... Bando ai timori, una vita piena ci aspetta!

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